Lorenzo Suding racing diary #23: un Top 20? Succede quando meno te lo aspetti
Mercoledì
Dopo tre giorni di viaggio, dormendo la prima notte a Londra dalla sorella di Robert e la seconda a Munchen da mia sorella, siamo arrivati nelle montagne incantevoli di Salisburgo.
Leogang. Chilometro 4000 e qualcosa.
Ci mettiamo a montare il gazebo nella pioggia perché il tempo dà l’impressione di pioggia costante, poi invece appena dopo che l’ultima parete è fissata smette ed appare una finestra di blu. Ci guardiamo e cominciamo a ridere. Incrocio Matej Charvat, campione ceco e amico dalle prime gare che ho disputato in Europa, e decidiamo di andare a fare una pedalattina in strada per sciogliere e riportare in vita le gambe, addormentatesi nel viaggio della morte. Justyn ci lascia per stare con il suo team Argentina bike e noi, Robert Bickerdike ed io, andiamo verso il nostro B&B a Mari Alm, dalla famiglia Lechner.
Giovedì
Con calma ci alziamo e facciamo collazione. Il nostro bed and breakfast è semplicemente favoloso. Dista 17 chilometri da Leogang, ma vi assicuro che una casa così accogliente e comoda non si trova facilmente. Ci siamo stati l’anno scorso Justyn Norek, Claudio Cozzi ed io, e penso che ci tornerò ogni volta che sono nei paraggi.
Andiamo ad iscriverci e mi prendo il mio numero 79. Sono nei top 80 e posso provare con calma avendo più tempo di allenamento. In tutto 3 ore in più.
Rab ed io saliamo a studiare la pista. Cerco di memorizzarla bene. Da quest’anno ho una tecnica nuova che consiste in fermarmi tre quattro volte, chiudere gli occhi e far muovere quei ingranaggi arrugginiti nella mia mente. Prima diciamo che me la guardavo a piedi, ma nel primo giro non avevo idea di dove passava il tracciato. Ero giovane e stupido, aprivo il gas il primo giro e giravo 8 volte al giorno fin ché iniziavo a capire qualcosa. Per cena usciamo e mangiamo tanto, bene per poco.
Venerdì
Iniziato male, finito peggio. Arrivo in cima e mi rendo conto di non aver stretto bene l’I-Drive della mia Fury. Ha del gioco. L’addetto degli ovetti mi presta degli attrezzi e mi metto a pacioccare davanti a tutti i big che escono dagli ovetti.
Rimesso tutto a posto inizio il primo giro. Sento che la forcella è troppo morbida e incasso tanti di quei fondo corsa… Nel secondo giro ancora col davanti molle m’impunto sul secondo grosso panettone dopo il primo bosco e spingo via la bici a mezz’aria, atterrando con caviglie, gomiti e mani. Sento un dolore atroce che vibra da gomito a mano e qualcosa di strano nella mano destra. Vedo un tocco di carne a “V” e un buco. Cozzi si ferma per chiedermi cos’è successo e il paramedico mi vuole soccorre ma lo ringrazio e mi rimetto in bici. Becco il dottore a fianco della pista, mi fermo per chiederli se è grave e se devo per forza mettere i punti. Lui mi dice «Stai tranquillo, puliscila bene e vedrai che non lo sentirai neanche in gara!».
Scendo tolgo un sassolino con le pinze e lo medico come si deve e metto un bendaggio. Vado da Roberto Vernassa per un consiglio per la forcella e mi porta da Dave, il meccanico di Chain Reaction.
Tutto chiaro: so cosa fare con la forcella, ma Roberto mi vede giù di morale e mi dice due frasi severe. «Dai su! Sei un ragazzo intelligente», e mi dice di chiedermi chi sono e perché sono qui. Sapendo l’effetto della domanda mi ha fatto ragionare con più calma e mi è tornata la voglia di lottare. Questo sport non è facile a volte, penso che tutti abbiano bisogno di qualcuno che ci acchiappi in momenti difficili prima di arrendersi al lato viziato. Torno da Rab al mio gazebo e iniziamo: con un po’ di olio Tenneco 7.5 W mettiamo in bolla l’anteriore. Mi metto i guanti e non penso alla mano. Vado su e faccio un altra discesa. Non mi farebbe troppo male, se non fossi caduto di nuovo sulla ferita… ma una in più una in meno…
Rab mi lava la bici, le diamo una soffiata col compressore e lubrifichiamo catena, cuscinetti e sospensione. Lasciamo la bici nel garage gigante dei Lechner e andiamo per una pinta al bar dietro casa. E’ stata una giornata molto lunga. Finisco la mia weizen e abbandono Rab alle nove e mezza per farmi medicare la ferita dal signor Lechner.
Sabato
La sveglia suona, mi alzo e vado sul balcone. Ha smesso di piovere da un paio d’ore, il cielo si sta schiarendo. Sono le 8. Da una settimana che mangiamo gli “Scott’s Porrage Oats“. In pratica è un piatto per la colazione tipico scozzese a base di farina d’avena con zucchero di canna e latte riscaldato. I veri scozzesi usano il sale invece dello zucchero. Spiega come fanno a vivere in un paese così freddo e umido indossando un mezzo vestito col petto all’aria… Sti pazzi scozzesi, come li adoro! Un ciottolo di questo mangime e sei un leone per tutto il giorno (a Fort William ho comprato le provviste per tutta la stagione).
Faccio il primo giro senza pensare troppo a ieri. La mamma di un ragazzo inglese di fianco a noi mi ha dato dell’Ibuprofene. Le medicine aiutano, ma è la testa a fare il grosso. Scendendo sento che la forcella e davvero migliorata un casino, non vado più a pacco e sento che posso entrare forte nelle canaline senza infossarmi. Mi sento alleggerito e pronto per la qualifica. Il fango si è trasformato e, a parte due posti, sembra di poter girare con gomme da asciutto. Faccio un altra discesa per svegliare i sensi e ripassare le mie linee per la quali.
Parto esattamente alle 15:05:30. Rab mi porta su il rullo e la GT da strada. Mi riscaldo con un po di dub step per tener la calma. Andiamo in partenza dieci minuti prima. Incomincia a piovigginare. Sotto la tenda di partenza Rab mi dà la maschera. Me la metto a 30 secondi dal via. Scatta il verde dei 5 secondi e parto. Scelgo una linea sbagliata e le gomme rimangono incollate in un canale. Mi sento lentissimo. Pensando parolacce arrivo al primo pezzo in piano e do giù di cattiveria. Entro nel primo bosco lento, esco ancora più lento. Ho fatto un altro errore. Stavolta, bestemmiando a voce alta, pedalo tutto quello che ho. Porto tutta quella cattiveria nell’ultima parte della pista ed esco dal bosco nella zona di arrivo. Non pensavo di aver fatto un granché invece chiudo 33°. Sembra che non sia l’unico sceso con qualche difficoltà. Milivinti ed io siamo gli unici italiani a qualificarsi. Gli altri o sono andati a funghi, o hanno fatto una visita al pronto soccorso. Questa pista davvero non scherza.
Dopo due ore di acqua, aria, olio e attrezzi la bici e “race-fit“, andiamo a casa e mi faccio curare la mano in modo tradizionale. La signor Lechner è una “kraeuter Hexe“, vuol dire “strega di erbe“. Prepara un rimedio magico mettendo a bollire una radice chiamata “Meister Wurzel“, radice di imperatoria, e mi dice di infilare la mano. Tiravo via la mano sull’orlo di ustionarmi, e dopo una decina di volte mi ha messo un bendaggio fresco.
Domenica
Ci svegliamo con il rumore della pioggia. E’ andata avanti tutta la notte.
Il grande giorno inizia sempre con calma. Alle nove e mezza inizia l’allenamento e finisce a mezzogiorno. Voglio fare due discese prima della finale, tre sono troppe. Andiamo a fare la collazione e ci prepariamo i panini per pranzo. Si torna un attimo in camera per far le valigie, carichiamo lo Scudo e ci prendiamo un attimo per salutare la famiglia Lechner che è stata così gentile con noi.
Alle dieci sono in cabinovia con Gianluca Vernassa che fa l’apripista. Tutti quelli che incrocio dicono la stessa cosa, che su in cima ci sono dei terribili canaloni. Il fango qui è molto appiccicoso, quasi come l’argilla che c’è a Rossana. Scendo un pezzo con Gianluca e mi fermo per guardare. Le mie linee di ieri non esistono più. La pista sembra più bassa di prima, come se il fango stia mangiando via lentamente il tracciato. Sto lì per una decina di minuti a guardare la gente che passa. Decido di cambiare da interno a esterno in quattro curve e continuo in giù. Appena arrivi sul piatto sei obbligato a pedalare tutto quello che riesci se no non decolli neanche dai salti. Il secondo giro mi metto la GoPro e faccio un discesa intera (presto pubblicherò il video sul mio nuovo sito, suding.it). Diciamo che in alto è andata bene, e poi sono caduto. Nonostante tutto, mi sentivo bene. Le linee le ho tutte azzeccate e dove sono caduto ho sbagliato la velocità d’entrata su un pezzo scivoloso, quindi è un errore che si corregge facilmente.
Alla base mi aspetta Rab seduto fuori con un libro. Mi chiede com’è andata mentre mette la bici sul cavalletto di fuori. E’ così bello non dover aspettare in coda per lavare la bici. Tutto da capo spruzzata, soffiata e lubrificata. Montiamo le “race-wheels” con le gomme fresche e la bici sembra nuova.
Saliamo per le 14:00. La montagna sembra quasi deserta, ieri c’erano 266 partenti più tutti i quelli che giravano sulle piste aperte. Oggi siamo in 100, comprese le donne. Prima di riscaldarmi vado con Rab a guardarmi le prime curve. Il fango ha un buon aspetto, sembra essersi asciugato molto da quando ha smesso di piovere. Mi chiedo se il fango non è più pesante così, ma Rab mi dice con quell’ottimismo scozzese, «sarai sorpreso in maniera positiva!». Un quarto d’ora dal beep usciamo dal magazzino della stazione, dove l’organizzazione ha preparato uno spazio per riscaldarsi. C’è un venticello fresco che rinforza l’adrenalina. Tutti sono silenziosi. Alcuni chiudono gli occhi e fanno gesti con le mani. Ogni tanto si sente beep e poi gente che urla. Parto alle 14:45, mancano un paio di minuti, Rab mi da la maschera e la controllo. Penso a tutti i miei amici che mi guardano su freecaster.tv, alla mia ragazza che mi aspetta a casa e cerco di pensare quanto sarebbe bello finire tra i primi. Parte il sudafricano davanti a me e mi posiziono in linea di partenza. Mi metto la maschera e giro un po i pedali indietro. Arriva il 15, poi il 10 e poi beep, scatta il verde. Parto.
Non sai mai quando sarà il tuo turno. Quando quello che hai sempre sperato si avvererà. Succede quando meno te l’aspetti. Dal momento che uno si pone un obiettivo al giorno che lo raggiunge possono passare anni e può essere frustrante quando ci arrivi vicino. Di una cosa ne sono certo. La volta buona chiude un capitolo e ne apri uno nuovo. Il cervello umano è strano, non si ferma mai. Ottieni una cosa e sei al settimo cielo, ma allo stesso tempo, lentamente, nasce un nuovo desiderio…
Ho raggiunto il mio obiettivo di portare a casa un “top 20“. Ho chiuso 19esimo. Wuay!!!
Link
I risultati della gara di Leogang, World cup 2011 #03.
Le puntate precedenti del diario di Lorenzo Suding.
Lascia un commento