Lorenzo Suding racing diary #22: a Fort William, un po’ di delusione. But that’s racing!
Sono in un salotto di un cottage a Roybridge, a dieci chilometri dal Nevis Range dove si svolgerà la gara. Robert Bickerdike è riuscito a farci dare le chiavi di questo posto da una sua amica. Sembra che conosca tutta la Scozia. Non c’è persona più immanicata da avere come “alfiere” per questa gara.
Il camino è acceso e fuori piove. C’è vento e nebbia. In Scozia questo tempo lo chiamano dreich, mi spiega Rob con una faccia schifata. Lui è scozzese.
Grazie a Rob “il riparatore” il viaggio è stato una passeggiata. L’abbiamo diviso in due tappe: abbiamo passato una notte a Londra da sua sorella, poi una a Largs, il suo paese d’origine. Oggi siamo arrivati a Fort Bill.
La Scozia è incantevole. Non so se mi spiego, ma ha un paesaggio mistico. La vegetazione è fitta e sembra che sia uno dei posti nel mondo dove la natura sia ancora padrone di casa.
Abbiamo scaricato lo Scudo, sembra che le molle posteriori si stiano riprendendo lentamente dal sovraccarico. Lo Scudo si riconferma di continuo. In tre davanti con il cassone sottovuoto. Sembrava una barca, e andavano a pacco dopo ogni onda, ma con una media di 120 siamo arrivati a destinazione con due pieni.
Justyn Norek e i ragazzi scozzesi (amici di Rob) sono in cucina che preparano cena. Sul menù c’è pasta ai gamberi con verdure, con tanto aglio e cipolla. Sento lievemente la febbre. Vedremo se l’antibiotico naturale (l’aglio) funziona.
Domani ci si iscrive e si fa la pista a piedi. Non ho partecipato nella prima tappa a Pietermaritzburg, quindi non penso che abbia un numero nei top 80, per poter partecipare negli allenamenti aggiuntivi.
Giovedì
Sembra che il bel tempo sia diventato una normalità qui al nord della Scozia. Le ultime due volte che ci sono stato nel 2008-2009 non ha piovuto. Sembra uno scherzo… Ogni volta che mi preparo per la pioggia e arrivo con due borsoni pieni di vestiti non ne faccio uso.
Arriviamo alla pit-area e incominciamo a piantare i picchetti omaggio di Sergio di Surfing shop e montiamo il gazebo. Finalmente sono il fiero proprietario di un mio gazebo 6×3 con addirittura le pareti. Wow! Con Justyn vado ad iscrivermi e imbarchiamo la signora delle iscrizione per darci due pass per i nostri “meccanici” gratis. Serviranno agli amici di Rob. Prendiamo i mitici ovetti del Navis Range e ci dirigiamo verso la partenza. La parte in alto della pista è rimasta uguale, la parte intermedia con il tratto tecnico nel bosco è cambiata leggermente. Ci sono due passaggi ripidi con delle radici che rimangono ancora nascoste. Però si capisce che domani si faranno vive. Anche l’ultima parte della pista chiamata “motorway” e rimasta uguale.
Tornati giù incrociamo Brook, Wyn e tanti altri ragazzi che non ho visto dall’anno scorso. Salutiamo anche i nostri compatrioti, di cui ce il grande Otto e Alan Beggin dell’assistenza Formula, il team Surfing shop col mitico Sergio con i suoi due team rider Milivinti e Marcellini e il team Cingolani con Petrucci e il loro cavallo di battaglia Matt Scoles. Colui che alzerà il livello delle gare nazionali dandoci l’opportunità di confrontarci con un top 20 di coppa del mondo. Torniamo felici e contenti verso casa dove si magna si parla e si dorme.
Venerdì
Siamo tutti un po’ nervosi il primo giorno di allenamento. Il cielo è chiaro con finestre di blu che si allargano lentamente sul mare. Si sentono dei caccia sorvolare a mille e mentre ci avviciniamo al campo gara ascoltiamo del dub step per rilassarci. Il primo giro lo faccio tranquillo, provando che sensazione mi dà la bici e vedendo se le linee che abbiamo visto ieri a piedi hanno senso. Piano provo dove arrivo sui panettoni e provo il road-gap, almeno mi tolgo i salti e mi posso concentrare sui tratti tecnici. Non mi fermo fino in fondo. Indurisco solo la forcella e risalgo. Vado un po’ più deciso, provo le stesse linee per vedere se mi è rimasto in memoria cosa c’è dove. Arrivo in fondo e mi fermo per parlare un attimo con Rob di linee e set-up della bici. Bevo un goccio e torno in cima. Provo ancora due volte e ammorbidisco le alte velocità del mono che sui salti il mio cavallo iniziava a scalciare un po’. Sono soddisfatto con quattro giri sapendo che questa pista non scherza e non bisogna assolutamente bruciare le braccia. Lavo e lubrifico la bici e mi faccio una mezz’orette sul rullo.
Torniamo a casa.
Sabato
Il Nevis Range rimane coperto di nebbia dando un feeling molto mistico. Fa freddo e il vento tira. Si sente la tensione tra i rider che si salutano con solo un nodge. Tutti sono più nervosi il giorno della qualifica, perché se non ti qualifichi sei “out”.
Mi faccio una discesa molto rilassata e rimango soddisfatto. Chiedo a Rob se mi conviene farne un’altra, lui mi suggerisce di sì, però piano piano solo per ripassare. Io concordo ma stranamente faccio l’esatto opposto. A manetta e sbaglio in un posto. Torno al gazebo e si mangia le patate bollite rimaste dalle super cena di Justyn. Rob mi lava la bici mentre io parlo con i suoi amici e mi rilasso.
Parto alle 15:05. Siamo su una mezz’ora prima per riscaldarmi. Ascolto un po di drum&bass dal mio iPod e ripeto due volte la pista in testa.
Mi avvicino bello caldo in partenza con Rob che mi ripete “smash it!“. Sento il beep del conto alla rovescia di 10 secondi, poi quello dei 5 e parto con una marcia forse un po’ dura. Il primo pezzo lo faccio scivolando troppo sulla ghiaia delle paraboliche, con due jolly in curva me la cavo ed entro nel pezzo tecnico, ma sbaglio una frenata scivolando su una radice e placcando il matterassone, con tanto culo do una zampata e salto di nuovo in sella. L’ultima parte la faccio senza difficoltà, arrivo sul’”autostrada” e inizio a pedalare come un matto. Arrivo 44° e mi qualifico poi 55°. Justyn non si qualifica e rimane 110°.
La giornata finisce come sempre con lo stesso ordine: defaticare, lavare, asciugare, lubrificare (bici), docciare, mangiare e a letto.
Domenica
Non c’è vento e il tempo sembra stabile. Per me sono queste le giornate perfette. Le giornate grigie, fredde, con una luce particolare. Il primo giro sembravo in dormiveglia. Vedevo le curve i salti i ostacoli avvicinarsi e reagivo all’ultimo con poca forza. Torno giù e spiego a Rob che devo ancora svegliarmi. Mi bevo un té, ammorbidisco ancora l’ammortizzatore e indurisco di una tacca la forcella.
Questa pista e così scassata e veloce che mi sembra quasi non lavori il mono. Mi butto sempre tutto in dietro in staccata ma la forcella a un certo punto va a pacco comunque. Puoi chiuderla quanto vuoi, lei andrà a pacco. “Ladies and gentlemen vi presento Fort William!”… Mi sento meno addormentato e faccio un altro giro. Va tutto bene e mi sento in sintonia con la bici. Le linee le conosco e la cosa più importante, le braccia sono fresche!
La mia ragazza mi scrive un messaggio di support e sono in pompa. Saliamo in cima e mi butto sul rullo e accendo il Drum&Bass! Oggi mi sento molto bene, sono “in the zone” come chiedeva Rob.
Vado in partenza. Davanti a me c’è un altro ragazzo col la GT, Sick Mick Hannah. Ahah! Beep, parto a tutta e non scivolo nelle paraboliche veloci come ieri. Mi sento sciolto e galleggio sulle rocce, arrivo troppo veloce in una curva che verso sinistra e dovendo frenare sento che il posteriore parte verso destra. Cerco di salvarla con un controsterzo ma non c’è più nulla da fare: cado tenendo il manubrio della bici. Sento male al gomito sinistro, ma appena riesco ad orientarmi mi metto in piedi e tiro la bici verso di me. Riparto guardando se manubrio e freni sono dritti. Per il resto della pista scendo bene, come se niente fosse.
Arrivato saluto la telecamera ed esco dalla zona d’arrivo. Trovo gli amici di Rob e mi metto a guardare il mega schermo. Non sono incavolato, solo un po’ deluso. Naturalmente. That’s Racing!
Domani (lunedì, ndr) ripartiamo per Londra. Dormiamo dalla sorella di Rob, poi martedì ripartiamo per andare a Leogang. Ci aspettano 25 ore di machina. Alla prossima!
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