Lorenzo Suding racing diary #18: a Pieve di Teco, vittoria!
E’ mercoledì mattina e sono a casa mia, a Pila. Mi trovo per la prima volta in garage ad organizzare l’attrezzatura per una gara di downhill. Metto assieme bici e ricambi e carico tutto nello Scudo. Parto verso mezzogiorno, mi fermo alla Cidac (un noto supermercato di Aosta, ndr) a comprare del campingas e dei tortellini e continuo per Torino dove mi ospiterà il mio amico Giacomo Satti per la notte.
Giovedì mattina alle 7.30 sono già in macchina: si parte per Pieve di Teco. Attraverso la città, corso Vittorio Emmanuele, corso Unione, mi fermo per un caffè; Torino – Savona, esco a Ceva, faccio il Passo di Nava e mi ritrovo in una favola di bianco: tutto è ricoperto di neve e mi chiedo “Forse dovevo prendere la tavola invece della bici“… Abbasso un po’ il finestrino, alzo il riscaldamento e lo faccio sparare sulle mie gambe.
E’ diventata una bella giornata e, curva dopo curva, il sole diventa sempre più forte e il paesaggio passa da bianco a verde. Alle 9.30 arrivo bello sorridente a Pieve. Non c’è ancora nessun segno di gara. Sono il primo. Mentre aspetto Bugno, Fina e Justyn (Marco Bugnone, e Justyn Norek, ndr) monto il gazebo e gli striscioni GT e mi cambio. Si avvicina un Doblò rosso e sento «Uelah!»: sono Bugno e Fina. Buttiamo le mie cose nel furgoncino rosso per fare spazio per le loro bici e partiamo su in partenza con lo Scudo.
Me la ricordo bene questa pista, tutta curve strette poi aperte tra terra e roccia in parabolica. Dopo la seconda discesa si unisce a noi Justyn Norek e gasiamo un’altra discesa. Su una curva stretta mi tocco con il pedale interno e mi tuffo a mani nude in un mix di pietre taglienti e rovi, tagliandomi un po’ il palmo della mano destra. Eccolo il primo dolore della stagione. Ho pensato “sarà una lunga stagione, meglio indossare i guanti“.
Siamo sul piazzale dell’arrivo e facciamo una pausa per mettere a posto le bici. Ho notato di aver un problema con la forcella, ha del gioco sulle boccole e mi balla troppo. Ci sono due cose che non riesco a sopportare di una bici: sono rumori strani e gioco sulle boccole! Dopo un piccolo rinforzo con una barretta di cereali e dell’acqua arrivano Roberto e Gianluca Vernassa, Pietro e Carlo Caire con il carrello.
Ancora discese e arriva sera. Sempre sul piazzale prima di partire saluto Raffaele e facendo due chiacchiere ci mettiamo d’accordo per incontrarci a casa sua ad Imperia per montare una sua forcella in prestito. Saluto e ringrazio tutti e torno al mio gazebo per cambiarmi e andare giù a casa di Raffa. È notte piena quando arrivo a casa sua, c’è un’aria fresca di mare e mi chiede se ho fame. Rispondo educatamente “sì, tantissima!“, sapendo di non dover fare il timido in Liguria. Un po’ come in Sardegna, sono così ospitali!
Saluto la moglie di Raffaele, è una bellissima donna che guarda caso è nata in Valle d’Aosta ed è mezza sarda come me! (a parte che sono anche mezzo crucco…) Dopo avermi salvato la vita con una cena favolosa, Raffa ed io ci spostiamo in cantina a montare la forcella. Ha un mezzo museo del downhill laggiù, con le Scott, Turro e GT d’epoca! Voilà, la bici è a posto e la carichiamo nello Scudo. Salgo un attimo per salutare la moglie e bere un limoncello. Ringrazio e torno a Pieve. Piazzo bene la bici affianco al mio letto, mi infilo nel sacco a pelo e guardo le email. Mi addormento dopo una puntata di Dexter.
Venerdì mi sveglio col rumore incessante di un motore diesel gigante che dal rumore sembra un generatore appoggiato sul tetto… Apro la porta posteriore ancora sdraiato nel sacco a pelo con gli occhi semi chiusi e vedo un camion immenso che trasporta legno parcheggiato a due metri, poi se ne va… Che bel modo per iniziare una giornata. Scarico bici e attrezzi, accendo il campingas, metto su l’aqua a bollire faccio il caffè, ascoltando un mix abbastanza zumundo che mi ha regalato il mio super fotografo-dj Piottinski.
Vedo che c’è un altro camper, è Gianluca Aleotti. Mi sembra un po’ diverso dall’anno scorso: noto che si è tagliato i dreads, che peccato… Lo saluto, facciamo due chiacchiere e andiamo verso l’arrivo della pista. Incontriamo Federico Dellai che dorme nel suo suo nuovissimo pickup nero. Ci sente arrivare ed esce a salutarci. In tre andiamo al bar dell’angolo per un altro caffè e decidiamo di fare la ricognizione della pista a piedi. Salendo sentiamo una bici che si avvicina e ci buttiamo sul bordo della pista per far passare a tutta il pericolosissimo romano dell’Ancillotti, Francesco Petrucci. Lo incontriamo tre volte, e ogni volta mi sembra più veloce.
Tornati giù, ci cambiamo e arriva un gruppo di bambini marocchini, prima un po’ timidi, poi quando li saluto si avvicinano e cominciano a farmi mille domande sulla bici e se la possono provare. Naturalmente dico di sì e li aiuto a salire in sella uno dopo l’altro e tenendo il manubrio e la sella li spingo in giro per il parcheggio. In bici, sembravano seduti su un cavallo. Tutti gasatissimi, volevano fare un secondo giro ma meno male che le mamme li hanno chiamati per pranzo, se no mi toccava fare il loro pagliaccio tutto il giorno.
Saliamo con l’L200 di Fede. La prima discesa andiamo easy per provare le traiettorie nuove viste a piedi e la seconda a tutta, chiaramente sbagliando tutte le linee e facendo un gran bel casino con le pietre… Povero Federico, seguendomi si è beccato una bella roccia che gli ha bucato una gomma. Pausetta, ci si rifocilla alla fontana e risalgo con il pericolosissimo, perché sua mamma ci porta su. Ne facciamo tre di fila, e la pista inizia a farsi sentire. Le articolazioni delle mani sono dure, le braccia rigide, per non parlare della schiena mezza incriccata…
Per me basta per oggi, la pista rimane quella e la bici come anche il sottoscritto a bisogno di una rinfrescata. Di sera vado a mangiare una pizza con Marcolino Milivinti, Trivella e Ronny Rossi. Dopo due birre sono quasi ubriaco ed è ora di andare. Prima di nanna Trivella mi lascia scroccare una doccia, perché dicevano che ne avevo proprio bisogno. E da bravo zingarello vado a dormire nel cassone dello super-Scudo.
La mattina seguente mi sveglio di colpo con un esplosione nel furgone. Era Milivinti, con la sua solita finezza, che dava colpi sulla lamiera. Guardo fuori dalla machina ancora nel sacco a pelo, vedo che tutto il parccheggio è pieno di camper e furgoni tutti instickettati con i loro gazebo già piazzati precisi. Inizio la giornata col solito rituale: musica, caffè, biscotti guardando la bici e pulendola con le maniche della mia felpa… Inizia ad arrivare la banda dei miei piccoli amici marocchini che mi intrattengono con le solite domande da bimbi: «Hai dormito nel furgone? Domani vinci? Sei caduto ieri? Posso fare un giro con la tua bicicletta?»… La coda per l’iscrizione è durata un eternità, e grazie una signora del team Dayco io e Justyn non abbiamo dovuto aspettare in coda.
Visto che la coda per le risalite era ugualmente lunga, ci ha portato su il babbo di Justyn, che si chiama Justyn pure lui. Primo giro, mi schianto su un alberello, poi tiro dritto in curva e poi tocco leggermente col pugno sul muro del canale più ripido e roccioso della pista. Si potrebbe dire che ho girato per la prima volta su quel percorso, ma è tipico per me giocarmi i più jolly più belli proprio il sabato. La ragione non è altro che quella di trovare il proprio limite, e quindi bisogna esagerare…
I due giri mi hanno proprio massacrato, quindi mi prendo una lunga pausa pranzo per curare le ferite e mangiare un bel pentolone pieno della magia di Giovanni Rana. Senza salarla, perché da bravo barbone non avevo il sale. Dopo la super-porzione arriva il mio team, i Black Arrows, con Ciccio, Bisi, Galimba (Fabrizio Troilo, Jack Bisi e Daniele Cosseta, ndr) e uno che non va in bici, Rudy. Si comincia a sentire parolacce e il nostro urlo di battaglia, “Wuay!“. Ci porta su Galimba, che sta prendendo la patente di guida, con il suo furgone. Tutti belli caldi, ci buttiamo giù due volte dalla collina per poi tornare al gazebo GT. Mi ritrovo di nuovo davanti alla mia bici appesa sul cavalletto cercando soluzioni per piccoli problemi.
Di sera, il mio team va al mare da Galimba, che ha una casa vicino a Finale e io mi faccio montare un’altra forcella da Protone perche con la Bomber facevo fine corsa troppo facilmente. Riccardo mi da l’onore di provare la sua 888 col kit ad aria. Tutta montata e pulita butto la Fury nello Scudo e vado a cena di nuovo con i miei amici genovesi Trivella, Ronny e i loro amici. Quando torno dalla pizzeria sono di nuovo un po’ carico da due birette e mi sale un sonno pesante. Dormo come un pezzo di legno fino le 3.30, poi mi sveglia il “chichirichì” di un gallo. Guardo l’ora ed erano ancora le 3.30! “E’ chiaramente impazzito“, ho pensato…
Ho la gola secchissima e bevo l’unica cosa che ho, della Coca-Cola. Bello sbaglio, ora non riesco a riaddormentarmi e dopo un quarto d’ora di “chichirichì” mi metto le cuffie e mi sparo una puntata della ventesima serie dei Simpson. Una persona ride fortissimo e apro gli occhi. Stavolta bello in pompa apro il sacco a pelo e mi infilo i miei jeans ghiacciati, apro la porta scorrevole e inizio a organizzare le mie cose.
Stavolta salgo con Ronny e Trive con le navette. Nel primo giro mi sentivo un po’ strano e mi sembrava di non conoscere ancora abbastanza bene la pista. Forse è perché ho piantato una mina dopo la prima curva… Ma non c’è da preoccuparsi, è tipico per me cadere il mattino della gara. Ne faccio ancora uno e torno al paddock. Il padre di Justyn mi dice che non sono nella lista di partenza, quindi vado al race office per informarmi. C’è un po’ di confusione con i giudici, sembrano confusi e l’organizzatore è molto arrabbiata con loro. Fatto sta che hanno sbagliato le partenze per tutte le categorie.
Tornando vedo del fumo uscire dal mio gazebo e da lontano sembra che vada a fuoco. Mi avvicino e vedo Ciccio, Galimba, Jack e Rudy attorno una piccola griglietta nera che stavano facendosi delle salsicce. Questo si che è il vero stile Black Arrows! Finalmente escono fuori le partenze giuste. La mia prima manche è alle 14.57, quindi figuriamoci la seconda… Il rientro stasera sarà lungo, pensavo. C’è chi dice che non ci sarà la seconda manche per mancanza di luce, ma non si mai..
Alle due saluto i Black Arrows con il nostro urlo da barbari, “Wuuuuay!” e mi porta su Galimba col Vito e si ascolta un mix di punk e metal per gasarmi. In partenza tutto è regolare, e ci scaldiamo pedalando su e giù una strada sterrata in stile avvoltoi. Poche parole vengono scambiate, l’aria è un po’ tesa, mancano dieci minuti. Mi metto in fila indiana, sono l’ultimo a partire dopo Carlo Gambirasio. Mi stiro i polsi, mi metto la mascherina e respiro profondamente.
Gamby parte e sono solo in partenza, assieme a centinaia di amatori che fanno partire subito dopo di me per via del ritardo… Ahahah! Il giudice urla 30 secondi, poi 15, fisso la prima curva… “5, 4, 5, 3, 2, 1!” Parto con due pedalate, le prime quattro curve andate bene, pezzo roccioso manco sentito, yeah mi sento benissimo. Le ruote non smettono mai di girare, la bici si sente bene e non fa casino. Pedalo senza perdere troppa energia, è meglio mantenersi fresco per le venti curve del toboga, perché è li che guadagno. Sono già sul pezzo con i gradoni ripidi, due compressioni, l’ultima secca verso sinistra ed esco pedalando. Mi gaso ancora di più, salto del ponte e pezzo in falsa salita, faccio uno scatto, mi siedo per riprendermi, scalo marcia e mi butto nell’ultimo pezzo tecnico e ripido, lo faccio senza problemi ed esco dall’appoggio di legno in impennata! BAAAAAP! Portala a casa penso! Sulla mulatiera, prima curva veloce verso destra, becco un sasso con la ruota anteriore e la bici va di traverso, col piede giù cerco di correggere ma taglio dentro il muro e mi ribalto tenendo forte il manubrio. Mi rimetto in piedi, salto sulla bici con le leve in su e la visiera del casco in giù. L’ultima parte della manche battevo contro le leve per riposizionarle, ma non c’era niente da fare.
Primo Bugno con 4.27 e qualcosa… Finisco quarto e vado al gazebo un po deluso. Nelle due ore che avevo a disposizione, ho mangiato una mezza salsiccia, messo a posto le leve e la visiera con una fascetta e chiacchierato un po’ con tutti. Alle quattro prendo la bici e sento un problema con la forcella. Eccoci di nuovo! Corro da Riccardo, che era il nostro vicino di gara… Mi dice che si è guastata la cartuccia del ritorno! Si mette subito ad aprire, togliere e guardare e mi conferma di dover cambiare tutta la cartuccia. Meno male che c’è Jack che me la presta, così lo specialista di Protone comincia a tutta velocità a togliere tutto l’olio, pulire, ingrassare, cambiare e riempire d’olio senza mai sporcare il disco. Non so come, ma ce l’ha fatta in un quarto d’ora e la forcella è fantastica! Yeah, si parte su col Vito Iuter in cinque con Bisi che guida, Galimba che filma, Rudy che fuma e Ciccio che mi chiede: «Allora adesso ti gasi no!». Che punk! Ahahah!
Mi lasciano nel villaggio sotto la partenza e con calma spingo la bici fino in zona partenza. Sono stranamente rilassato. Un po’ stanco, ma comunque in pompa per la gara. Cerco di non pensarci, perché aumenterebbe solo la pressione. “Tanto è solo un regionale“, cercavo di convincermi… A venti minuti della partenza tutto era così calmo. Si parlava e scherzava un po con Mili e Bugno e ci godevamo la tranquillità e luce leggera su un paesaggio cosi morbido. Le gare di downhill ti portano sempre in posti belli.
Siamo rimasti in pochi e siamo tutti ansiosi di concludere la giornata. Un giudice simpaticone scherza che non ci può più vedere. “Invece siamo noi a noi potervi più vedere“, dico in silenzio. Parte Gambi e tocca a me. Ce l’ho fatta a svuotare la mia mente. Sono sereno. Mi metto il Brux e la mascherina e guardo un attimo il paesaggio. Quando sento il 5… mi sveglio di colpo e faccio un respiro profondo. Mi butto giù e sono pieno di adrenalina. Le prime curve le faccio un po’ male e mi sento un po’ sbilanciato, ma riesco a star dentro le linee. Dopo il pezzo roccioso nelle curve strette sbaglio l’angolo di curva e poggio un piede per terra ed evito un disastro già all’inizio. Sento la stanchezza di una lunga giornata e decido di usare meno le gambe e di più una guida pulita. Non riesco a stare leggero e sento le gambe appesantite.
Nelle curve del toboga butto giù i piedi un sacco e mi dico “Dai sveglia!“. Sento il tifo dai hooligans “Wuuuay!!! Wuay!“. Io rispondo in ritardo con un debole “Wuay” di sofferenza, ma non mi sentono. Sono sulla parte dei gradoni, e senza sforzarmi troppo finisco il trasferimento con un ritmo alto e sento che mi sto riprendendo. Mi tuffo dentro le compressioni ed esco sempre pedalando, arrivo sul sentiero in piano e uso la mia tipica tecnica dello scatto seduto! Ahahah! Ero bello cotto diciamolo. Scalo marcia e via nel canalone ripido, esco bene dall’appoggio a 90 gradi e ho davanti la scena del crimine, cioè la curva che mi è costata la prima manche. Freno un po’ per evitare una stupidaggine e ce la faccio a lasciarmela dietro! Sulla compressione dopo dimentico di ammortizzare e mi porta troppo su, torno con un drop lentissimo sulla giusta linea e finisco la pista abbastanza gasato, per il fiato che mi rimaneva… Attraverso la linea di arrivo e guardo le espressioni della gente per capire come sono andato, vedo Bugno e Vernassa. Alzo le testa per chiedere e mi punta il dito sorridendo. Chiedo conferma e mi dicono che ho vinto. Sì! Alzo il braccio destro al cielo e la gente viene a farmi i complimenti. Sento una grande soddisfazione, mi sono fatto un bel regalo di compleanno.
Voglio ringraziare particolarmente il mio fisioterapista Lorenzo Visconti per avermi messo a posto. Grande Loppi! Dopo l’infortunio di Vétan, senza di lui non potevo tornare al successo così in fretta!
Link
I risultati della gara regionale a Pieve di Teco.
Le puntate 2009 del diario di Lorenzo.
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